Dal 1° Maggio ed entro giugno, si parte con la presentazione delle domande.

Una richiesta che non prevede costi per chi percepisce fino a 1.500 €, riguarda un numero ristretto di professioni: per la scuola, le maestre della scuola dell’infanzia. L’ Inps ha stabilito che occorrerà essere in possesso dei requisiti da maturare nel 2017 per poter presentare domanda a giugno, diversamente per coloro che matureranno i requisiti nel 2018 la domanda si potrà presentare a marzo 2018.

L’Ape social – permette di lasciare il lavoro anche a 63 anni e 7 mesi e potrà essere chiesta dal 1 maggio 2017 al 31 dicembre 2018 da soggetti in condizioni di disagio (disoccupati che abbiano esaurito la disoccupazione da almeno tre mesi, invalidi civili con almeno il 74% di invalidità, dipendenti che svolgono da almeno 6 anni in via continuativa un lavoro gravoso) che abbiano almeno 63 anni di età e 30 anni di anzianità contributiva (36 anni per coloro che svolgono attività difficoltose o rischiose). Tra le professionalità che potranno chiedere l’Ape social rientrano anche gli insegnanti di scuola dell’infanzia, l’indennità corrisposta per 12 mesi l’anno, è pari all’importo della rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione ma non può superare l’importo massimo mensile di 1.500 euro lordi e non è soggetta a rivalutazione.

Tutte le maestre d’infanzia pensionande che superano i 1.500 euro lordi, rientrando nei parametri d’accesso, andranno in pensione con il reddito “ponte”. Il quale sarà in buona parte a carico dello Stato: il resto lo pagherà il lavoratore che ha beneficiato dell’anticipo. Questo avverrà, però, solo per la quota che supera la soglia. Per chi beneficerà dei tre anni e 4 mesi massimi consentiti, si tratterà di pagare circa 60 euro. Pari a 750 euro annui. Che per 20 anni fanno 15mila euro.

Ricordiamo che per chiedere l’Ape volontaria bisognerà avere almeno 63 anni di età e 20 di contributi e aver maturato un importo di pensione al netto della rata di ammortamento per il rimborso del prestito richiesto pari o superiore a 1,4 volte il trattamento minimo.

Il Governo oggi ha confermato il calcolo sulla rata del prestito annunciato nei mesi scorsi pari al 4,5-4,7% per ogni anno di anticipo ma su una media di importo dell’85% della pensione (nel caso di tre anni di anticipo) e solo per 12 mesi (mentre la rata sulla pensione si paga su 13 mesi e per 20 anni).

In pratica, secondo i calcoli diffusi dopo il varo del provvedimento alla fine dell’anno scorso a fronte di un anticipo complessivo per tre anni di circa 39.300 euro se ne restituirebbero in 20 anni oltre 54.000 (208 euro netti di rata al mese su una pensione di 1.286 euro ma per 13 mesi).

Nella scuola, un docente di scuola secondaria a fine carriera, dovrebbe restituire quindi circa 100 euro l’anno. Che per un triennio fanno 300 euro. Quindi, circa 3.500 euro l’anno. Moltiplicati per 20 anni, fanno 70 mila euro.

Il decreto dovrebbe prevedere un tetto di importo per la richiesta di prestito dell’85% nel caso di un anticipo di tre anni rispetto alla pensione di vecchiaia, del 90% nel caso di anticipo di due anni e del 95% nel caso di anticipo di un anno: probabilmente, tra chi alla fine avrà goduto di questo anticipo pensionistico non agevolato, figureranno soprattutto lavoratori ultra 65enni, interessati a fruire solo di un anno o poco più di anticipo per lasciare il lavoro.