La GMRA si configura come una sorta di GAE bis, ci si augura impermeabile e dalla durata più breve.

Storicamente, la partita sulle “priorità” di immissione in ruolo da graduatoria si gioca sulla tabella di valutazione dei titoli. E, storicamente (basta guardare le vicende delle graduatorie permanenti, istituite nel 1999 a un parto con le SSIS: e i sissini furono addirittura inizialmente relegati in una quarta fascia), i titoli “più pesanti”, perché più selettivi e impegnativi, sono sempre stati penalizzati. I sissini furono massacrati non solo da un sostanziale deprezzamento del titolo (e ancora oggi, nonostante una giurisprudenza univoca, non sono riconosciuti i sei punti in più che spetterebbero loro), ma dal mancato espletamento di procedure concorsuali regolari e da inserimenti per via di abilitazioni riservate. Di fatto, alcune generazioni di docenti con una alta preparazione furono collocati in coda sulla base di convinzioni gerontocratiche più che meritocratiche: ci ha perso innanzitutto la scuola. Spero davvero che questa volta non sarà così, ma si tratta di una considerazione personale. E non entro nel merito delle anticipazioni di questi giorni sui vari punteggi, perché senza una visione completa ogni valutazione perlomeno sulla correttezza formale è fondata sul nulla.Tecnicamente, occorre percorrere una strada stretta. Come pesare la valutazione dei titoli e quali titoli scegliere è scelta innanzitutto, ma non solo, politica. Si può privilegiare il servizio, si può privilegiare la formazione, si possono privilegiare le procedure selettive, a seconda di quali siano gli obiettivi individuati come prioritari. Ma ogni tabella di valutazione dei titoli, sottoposta come è, al netto degli indirizzi “politici”, al vaglio della magistratura amministrativa, deve in sé avere un equilibrio, altrimenti crolla: un equilibrio difficile, perché la strada del “giusto” rischia di scontentare tutti (per inciso: sono contento che la tabella di II fascia GI abbia retto, in questi anni, in quanto fondata su quei criteri). 

Resta peraltro che ad avere un peso determinante sulla priorità negli accessi saranno anche gli esami orali, elemento che troppo spesso, in questi giorni, si è dimenticato, e che una importanza decisiva avrà la configurazione delle commissioni di valutazione, che dipende non solo dai titoli richiesti, ma anche (duole dirlo: ma è così. Ed in fondo è giusto che lo sia) dai compensi previsti. Aggiungo un secondo aspetto. Sarebbe non corretto (oltre che presumibilmente illegittimo) inibire ai docenti abilitati l’accesso alla FIT ordinaria, ovviamente con gli aggiustamenti del caso in termini di durata del percorso. Si tratta di una possibilità in più che deve essere prevista dal punto di vista giuridico e che è giusto contemplare dal punto di vista etico, per evitare di affrontare un contenzioso perdente e per non ripercorrere gli errori della stagione 1999/2012.