L’alternanza rappresenta una grande opportunità per gli studenti con tante realtà che stanno funzionando e buone pratiche da replicare.

Io me lo ricordo il giorno in cui ho detto a Davide Faraone, da poco tempo diventato responsabile scuola e welfare nella primissima segreteria Renzi: “portiamo Matteo a Bolzano: dobbiamo fargli conoscere cos’è il sistema duale su modello tedesco che può funzionare anche in Italia. È una delle risposte alla dispersione scolastica e alla disoccupazione giovanile”.

Nei millegiorni non solo Renzi a Bolzano ci è andato ma ha fatto sua questa scommessa: riavvicinare il mondo della scuola al mondo del lavoro in tutte le forme possibili.

Sono nate così tutte quelle misure, a volte poco conosciute, che quel governo ha fatto per i ragazzi e la formazione: dal duale all’italiana (oggi sperimentato in 300 scuole), all’apprendistato in formazione, alla più o meno conosciuta alternanza scuola lavoro. Dico più o meno conosciuta perché in questi ultimi giorni due organi di informazione molto diversi tra loro, Espresso e Libero, con toni e accenti differenti hanno dato ampio spazio proprio all’alternanza scuola lavoro. Toni e accenti differenti perché abbiamo chi ne riconosce la potenzialità strategica e il valore orientativo e chi invece mette in evidenza solo le criticità.

Non vi è alcun dubbio che alcune scuole abbiano avuto delle difficoltà nell’affrontare la riforma ma derubricare l’alternanza, come fa l’Espresso, a un flop non è solo ingeneroso ma sembra non tenere conto del un numero assai significativo di esperienze che stanno funzionando. Alcune le ho raccontate in un recente articolo per l’Unità. Ma ve ne sono tantissime altre: il liceo Vivona di Roma ha trasformato la biblioteca scolastica in un Bibliopoint, la scuola Guido Marcelli di Foiano della Chiana, nell’ambito del progetto Ambienti Digitali per l’Apprendimento, ha realizzato il primo robot docente mettendo a frutto lo studio del coding e della robotica. Sono solo esempi di scuole che, grazie, ai fondi stanziati dal governo e dall’Europa e a un sapiente utilizzo degli spazi straordinari concessi dall’autonomia scolastica hanno dato vita a progetti innovativi e significativi per gli studenti. Questo è il senso della Buona Scuola. Questo è il senso dell’alternanza.

Purtroppo, oggi c’è la tendenza diffusa a vedere il male ovunque e così, anche l’alternanza diventa un pericolo perché potrebbe spingere nelle mani di uomini senza scrupoli i ragazzi. Ed è incredibile che non si colga invece la sua portata innovativa e l’utilità che potrà avere per l’inserimento dei ragazzi nel mercato del lavoro ma anche per l’orientamento rispetto alle scelte che faranno. Bene, voglio rassicurare tutti quelli che vedono l’alternanza come uno strumento di sfruttamento (perché tra gli slogan contro Renzi c’era anche quello di voler trovare manovalanza a basso costo, giuro): la ministra Fedeli ha avviato un capillare monitoraggio per verificare chi approfitta dei progetti tradendone lo spirito. Siamo i primi a pretendere rigore. Ma per la paura che qualcosa non funzioni non possiamo gettare via il patrimonio di buone pratiche costruite nel tempo che oggi, grazie alla riforma, trovano ancora maggiori spazi di realizzazione e incentivi. I ragazzi ci hanno dato una grande mano nel momento in cui come legislatori abbiamo reso strutturale e obbligatoria l’alternanza: la carenza che se fossi giornalista evidenzierei è che la legge prevede la carta degli studenti in alternanza e questo strumento che i ragazzi attendono non è ancora pronto.

Teniamo sempre a mente la complessità del progetto. Quando si parla di alternanza ci riferiamo a un programma che a regime riguarderà più di un milione di studenti e che quest’anno ne ha coinvolti quasi 700 mila. Per sostenere le istituzioni scolastiche nella gestione di questo processo, il MIUR, oltre il primo stanziamento previsto dalla Buona Scuola, ha destinato ulteriori 100 milioni di euro per la formazione dei tutor, ha ampliato la platea delle strutture che possono ospitare gli studenti e ha cominciato a finanziare le attività anche attraverso i fondi europei convogliati nei PON scuola. Insomma, l’amministrazione sta prendendo le misure per accompagnare questa transizione, rilanciarla nel futuro e per non disperdere il patrimonio di buone pratiche che hanno preso il via grazie agli investimenti del governo.

Ed è forse da questo elemento che possiamo partire per analizzare il vero punto di criticità che è emerso e che riguarda, soprattutto, il divario tra Nord e Sud. In questo senso, l’Espresso cita la ricerca di Carlo Mariani e del gruppo di ricerca Indire che, nell’identificare i fattori fondamentali per costruire efficaci progetti di alternanza afferma che, laddove sono presenti tecnologie e spirito d’impresa, si registrano i migliori progetti innovativi. Insomma, l’alternanza funziona nelle scuole vicine ai poli manifatturieri o alle reti d’impresa. Il maggior numero di reti ospitanti si trova in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana mentre Sicilia, Campania e Calabria hanno avuto le maggiori difficoltà ad attivare progetti davvero utili per gli studenti. Cito un dato su tutti: la somma delle aziende di Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania aperte ai ragazzi è inferiore infatti a quelle del solo Veneto.

Per questo oltre a mettere a punto strumenti per calibrare meglio la riforma dobbiamo capire come consentire ai territori di rispondere con maggiore forza. E poi bisogna lavorare nella direzione prevista da una delle otto deleghe per il riordino del sistema di istruzione e formazione professionale che rappresenta un ulteriore tassello. La scuola deve contribuire ad invertire il paradigma: al sud non c’è lavoro e c’è il maggior tasso di dispersione scolastica. Allora utilizziamo l’alternanza e la formazione professionale per creare opportunità. Come lo dice bene Paola Vacchina di Forma: riforma dell’apprendistato con la creazione di un sistema duale italiano, ampliamento del numero di qualifiche e diplomi professionali e maggiori incentivi alle imprese.

Il progetto è difficile ma anche ambizioso: dal prossimo anno più di un milione di studenti coinvolti, fondi strutturali ad ogni scuola, incentivi per le aziende.
Direi che siamo partiti.
Andiamo avanti, insieme.